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금주 교황님 말씀 중에

Holy Father's Speech

La verità vi farà liberi (Gv 8,32). Fake news e giornalismo di pace»-진실이 너희를 해방하리라.-교황님

글 : Msgr. Byon

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La verità vi farà liberi (Gv 8,32). Fake news e giornalismo di pace»

진실이 너희를 해방하리라.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA 52ma GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI - 52회 세계 언론과 홍보의 날에 하신 교황님 말씀 

« La verità vi farà liberi (Gv 8,32). 진실이 너희를 해방하리라
Fake news e giornalismo di pace» .조작된 가짜 뉴스와 평화를 전하는 홍보 매체! 

Cari fratelli e sorelle,

nel progetto di Dio, la comunicazione umana è una modalità essenziale per vivere la comunione. L’essere umano, immagine e somiglianza del Creatore, è capace di esprimere e condividere il vero, il buono, il bello. E’ capace di raccontare la propria esperienza e il mondo, e di costruire così la memoria e la comprensione degli eventi. Ma l’uomo, se segue il proprio orgoglioso egoismo, può fare un uso distorto anche della facoltà di comunicare, come mostrano fin dall’inizio gli episodi biblici di Caino e Abele e della Torre di Babele (cfr Gen 4,1-16; 11,1-9). L’alterazione della verità è il sintomo tipico di tale distorsione, sia sul piano individuale che su quello collettivo. Al contrario, nella fedeltà alla logica di Dio la comunicazione diventa luogo per esprimere la propria responsabilità nella ricerca della verità e nella costruzione del bene. Oggi, in un contesto di comunicazione sempre più veloce e all’interno di un sistema digitale, assistiamo al fenomeno delle “notizie false”, le cosiddette fake news: esso ci invita a riflettere e mi ha suggerito di dedicare questo messaggio al tema della verità, come già hanno fatto più volte i miei predecessori a partire da Paolo VI (cfr Messaggio 1972: Le comunicazioni sociali al servizio della verità). Vorrei così offrire un contributo al comune impegno per prevenire la diffusione delle notizie false e per riscoprire il valore della professione giornalistica e la responsabilità personale di ciascuno nella comunicazione della verità.

1. Che cosa c’è di falso nelle “notizie false”?  거짓 소식에  담겨있는 그 거짓은 무엇인가?

Fake news è un termine discusso e oggetto di dibattito. Generalmente riguarda la disinformazione diffusa online o nei media tradizionali. Con questa espressione ci si riferisce dunque a informazioni infondate, basate su dati inesistenti o distorti e mirate a ingannare e persino a manipolare il lettore. La loro diffusione può rispondere a obiettivi voluti, influenzare le scelte politiche e favorire ricavi economici.

L’efficacia delle fake news è dovuta in primo luogo alla loro natura mimetica, cioè alla capacità di apparire plausibili. In secondo luogo, queste notizie, false ma verosimili, sono capziose, nel senso che sono abili a catturare l’attenzione dei destinatari, facendo leva su stereotipi e pregiudizi diffusi all’interno di un tessuto sociale, sfruttando emozioni facili e immediate da suscitare, quali l’ansia, il disprezzo, la rabbia e la frustrazione. La loro diffusione può contare su un uso manipolatorio dei social network e delle logiche che ne garantiscono il funzionamento: in questo modo i contenuti, pur privi di fondamento, guadagnano una tale visibilità che persino le smentite autorevoli difficilmente riescono ad arginarne i danni.

La difficoltà a svelare e a sradicare le fake news è dovuta anche al fatto che le persone interagiscono spesso all’interno di ambienti digitali omogenei e impermeabili a prospettive e opinioni divergenti. L’esito di questa logica della disinformazione è che, anziché avere un sano confronto con altre fonti di informazione, la qual cosa potrebbe mettere positivamente in discussione i pregiudizi e aprire a un dialogo costruttivo, si rischia di diventare involontari attori nel diffondere opinioni faziose e infondate. Il dramma della disinformazione è lo screditamento dell’altro, la sua rappresentazione come nemico, fino a una demonizzazione che può fomentare conflitti. Le notizie false rivelano così la presenza di atteggiamenti al tempo stesso intolleranti e ipersensibili, con il solo esito che l’arroganza e l’odio rischiano di dilagare. A ciò conduce, in ultima analisi, la falsità.

2. Come possiamo riconoscerle? - 우리는 그 가짜 뉴스를  어떻게 알 수 있는가? 

Nessuno di noi può esonerarsi dalla responsabilità di contrastare queste falsità. Non è impresa facile, perché la disinformazione si basa spesso su discorsi variegati, volutamente evasivi e sottilmente ingannevoli, e si avvale talvolta di meccanismi raffinati. Sono perciò lodevoli le iniziative educative che permettono di apprendere come leggere e valutare il contesto comunicativo, insegnando a non essere divulgatori inconsapevoli di disinformazione, ma attori del suo svelamento. Sono altrettanto lodevoli le iniziative istituzionali e giuridiche impegnate nel definire normative volte ad arginare il fenomeno, come anche quelle, intraprese dalle tech e media company, atte a definire nuovi criteri per la verifica delle identità personali che si nascondono dietro ai milioni di profili digitali.

Ma la prevenzione e l’identificazione dei meccanismi della disinformazione richiedono anche un profondo e attento discernimento. Da smascherare c’è infatti quella che si potrebbe definire come “logica del serpente”, capace ovunque di camuffarsi e di mordere. Si tratta della strategia utilizzata dal «serpente astuto», di cui parla il Libro della Genesi, il quale, ai primordi dell’umanità, si rese artefice della prima “fake news” (cfr Gen 3,1-15), che portò alle tragiche conseguenze del peccato, concretizzatesi poi nel primo fratricidio (cfr Gen 4) e in altre innumerevoli forme di male contro Dio, il prossimo, la società e il creato. La strategia di questo abile «padre della menzogna» (Gv 8,44) è proprio la mimesi, una strisciante e pericolosa seduzione che si fa strada nel cuore dell’uomo con argomentazioni false e allettanti. Nel racconto del peccato originale il tentatore, infatti, si avvicina alla donna facendo finta di esserle amico, di interessarsi al suo bene, e inizia il discorso con un’affermazione vera ma solo in parte: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?”» (Gen 3,1). Ciò che Dio aveva detto ad Adamo non era in realtà di non mangiare di alcun albero, ma solo di un albero: «Dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare» (Gen 2,17). La donna, rispondendo, lo spiega al serpente, ma si fa attrarre dalla sua provocazione: «Del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”» (Gen 3,2). Questa risposta sa di legalistico e di pessimistico: avendo dato credibilità al falsario, lasciandosi attirare dalla sua impostazione dei fatti, la donna si fa sviare. Così, dapprima presta attenzione alla sua rassicurazione: «Non morirete affatto» (v. 4). Poi la decostruzione del tentatore assume una parvenza credibile : «Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male» (v. 5). Infine, si giunge a screditare la raccomandazione paterna di Dio, che era volta al bene, per seguire l’allettamento seducente del nemico: «La donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile» (v. 6). Questo episodio biblico rivela dunque un fatto essenziale per il nostro discorso: nessuna disinformazione è innocua; anzi, fidarsi di ciò che è falso, produce conseguenze nefaste. Anche una distorsione della verità in apparenza lieve può avere effetti pericolosi.

In gioco, infatti, c’è la nostra bramosia. Le fake news diventano spesso virali, ovvero si diffondono in modo veloce e difficilmente arginabile, non a causa della logica di condivisione che caratterizza i social media, quanto piuttosto per la loro presa sulla bramosia insaziabile che facilmente si accende nell’essere umano. Le stesse motivazioni economiche e opportunistiche della disinformazione hanno la loro radice nella sete di potere, avere e godere, che in ultima analisi ci rende vittime di un imbroglio molto più tragico di ogni sua singola manifestazione: quello del male, che si muove di falsità in falsità per rubarci la libertà del cuore. Ecco perché educare alla verità significa educare a discernere, a valutare e ponderare i desideri e le inclinazioni che si muovono dentro di noi, per non trovarci privi di bene “abboccando” ad ogni tentazione.

3. «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32)  - 진리와 진실이 너희를 해방하여주리라!

La continua contaminazione con un linguaggio ingannevole finisce infatti per offuscare l’interiorità della persona. Dostoevskij scrisse qualcosa di notevole in tal senso: «Chi mente a sé stesso e ascolta le proprie menzogne arriva al punto di non poter più distinguere la verità, né dentro di sé, né intorno a sé, e così comincia a non avere più stima né di sé stesso, né degli altri. Poi, siccome non ha più stima di nessuno, cessa anche di amare, e allora, in mancanza di amore, per sentirsi occupato e per distrarsi si abbandona alle passioni e ai piaceri volgari, e per colpa dei suoi vizi diventa come una bestia; e tutto questo deriva dal continuo mentire, agli altri e a sé stesso» (I fratelli Karamazov, II, 2).

Come dunque difenderci? Il più radicale antidoto al virus della falsità è lasciarsi purificare dalla verità. Nella visione cristiana la verità non è solo una realtà concettuale, che riguarda il giudizio sulle cose, definendole vere o false. La verità non è soltanto il portare alla luce cose oscure, “svelare la realtà”, come l’antico termine greco che la designa, aletheia (da a-lethès, “non nascosto”), porta a pensare. La verità ha a che fare con la vita intera. Nella Bibbia, porta con sé i significati di sostegno, solidità, fiducia, come dà a intendere la radice ‘aman, dalla quale proviene anche l’Amen liturgico. La verità è ciò su cui ci si può appoggiare per non cadere. In questo senso relazionale, l’unico veramente affidabile e degno di fiducia, sul quale si può contare, ossia “vero”, è il Dio vivente. Ecco l’affermazione di Gesù: «Io sono la verità» (Gv 14,6). L’uomo, allora, scopre e riscopre la verità quando la sperimenta in sé stesso come fedeltà e affidabilità di chi lo ama. Solo questo libera l’uomo: «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32).

Liberazione dalla falsità e ricerca della relazione: ecco i due ingredienti che non possono mancare perché le nostre parole e i nostri gesti siano veri, autentici, affidabili. Per discernere la verità occorre vagliare ciò che asseconda la comunione e promuove il bene e ciò che, al contrario, tende a isolare, dividere e contrapporre. La verità, dunque, non si guadagna veramente quando è imposta come qualcosa di estrinseco e impersonale; sgorga invece da relazioni libere tra le persone, nell’ascolto reciproco. Inoltre, non si smette mai di ricercare la verità, perché qualcosa di falso può sempre insinuarsi, anche nel dire cose vere. Un’argomentazione impeccabile può infatti poggiare su fatti innegabili, ma se è utilizzata per ferire l’altro e per screditarlo agli occhi degli altri, per quanto giusta appaia, non è abitata dalla verità. Dai frutti possiamo distinguere la verità degli enunciati: se suscitano polemica, fomentano divisioni, infondono rassegnazione o se, invece, conducono ad una riflessione consapevole e matura, al dialogo costruttivo, a un’operosità proficua.

4. La pace è la vera notizia  -  참된 소식은 평화를 가져옵니다.

Il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone: persone che, libere dalla bramosia, sono pronte all’ascolto e attraverso la fatica di un dialogo sincero lasciano emergere la verità; persone che, attratte dal bene, si responsabilizzano nell’uso del linguaggio. Se la via d’uscita dal dilagare della disinformazione è la responsabilità, particolarmente coinvolto è chi per ufficio è tenuto ad essere responsabile nell’informare, ovvero il giornalista, custode delle notizie. Egli, nel mondo contemporaneo, non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione. Ha il compito, nella frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop, di ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone. Informare è formare, è avere a che fare con la vita delle persone. Per questo l’accuratezza delle fonti e la custodia della comunicazione sono veri e propri processi di sviluppo del bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace.

Desidero perciò rivolgere un invito a promuovere un giornalismo di pace, non intendendo con questa espressione un giornalismo “buonista”, che neghi l’esistenza di problemi gravi e assuma toni sdolcinati. Intendo, al contrario, un giornalismo senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto e a dichiarazioni roboanti; un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che non hanno voce; un giornalismo che non bruci le notizie, ma che si impegni nella ricerca delle cause reali dei conflitti, per favorirne la comprensione dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento di processi virtuosi; un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale.

Per questo, ispirandoci a una preghiera francescana, potremmo così rivolgerci alla Verità in persona:


Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace.

주님, 우리가 주님이 주시는 평화의 도구로 삼아주소서.

 Facci riconoscere il male che si insinua in una comunicazione che non crea comunione. 

주님, 우리가 서로 말이 통하지 않는 가운데 깃들어있는 악을 깨닫게 하소서.
 Rendici capaci di togliere il veleno dai nostri giudizi. 

주님, 우리가 그릇된 우리의 판단으로부터 독소를  제거할 힘을 주소서.
 Aiutaci a parlare degli altri come di fratelli e sorelle. 

남들을 우리의 형제들이며 우리의 자매들이라고 말할 수 있게 도와주소서.
 Tu sei fedele e degno di fiducia; fa’ che le nostre parole siano semi di bene per il mondo:

주님은 성실하시어, 신뢰할 수 있아오니, 우리의 말이 세상을 위한 선함의 씨앗이 되게 하여 주소서.

 dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo l’ascolto;

비평과 불만이 있는 곳에서 우리가 들은 바를 실천하게 하소서.
 dove c’è confusione, fa’ che ispiriamo armonia;

혼란이 있는 곳에 균형의 영감을 줄 수 있게 하소서.
 dove c’è ambiguità, fa’ che portiamo chiarezza; 

불확실하고 어두운 곳에 밝음과 확실함을 줄 수 있게 하소서.

 dove c’è esclusione, fa’ che portiamo condivisione;

제외시키고 고립시키는 곳에 함께 동참하게 하는 은총을 주소서.

 dove c’è sensazionalismo, fa’ che usiamo sobrietà;

감성적으로 ;흔들리는 곳에서 절제와 검소함을 잃지 않게 하소서.

 dove c’è superficialità, fa’ che poniamo interrogativi veri;

피상적인 형식주의가 있는 곳에 진솔한 질문을 던질 수 있게 하소서.

 dove c’è pregiudizio, fa’ che suscitiamo fiducia;

선입견이 있는 곳에, 신뢰심을 일으키게 하소서.

 dove c’è aggressività, fa’ che portiamo rispetto;

공격적인 충돌이 있는 곳에, 진정으로 존중하는  마음을 갖게 하소서.

 dove c’è falsità, fa’ che portiamo verità. 

허위가 있는 곳에 진실을 주게 하소서.

아멘.
 Amen.

프란치스코   Francesco

Pope Francis releases 2018 World Communications Day message

In his message for the World Communications Day 2018, Pope Francis calls for a “journalism for peace” in response to the threat of fake news, which “thrives on the absence of healthy confrontation with other sources of information”.


Pope Francis on Wednesday released his message for World Communications Day, which is held annually on the Sunday before Pentecost, falling this year on 13 May 2018.


“The truth will set you free” (Jn 8:32). Fake news and journalism for peace” is the theme of the Pope’s message.

The Holy Father explores what makes fake news ‘fake’, how to recognize it, truth as an antidote, and how a “journalism for peace” takes people as its focus.

World Communications Day is the only worldwide celebration called for by the Second Vatican ‎Council ‎‎(“Inter Mirifica”, 1963).

The Holy ‎Father's message is traditionally published in conjunction with January ‎‎24, feast of St. Francis de ‎Sales, patron of journalists, to allow bishops' conferences, diocesan offices and ‎communications ‎organizations sufficient time to prepare audiovisual and other materials for national ‎and local ‎celebrations.

The first World Communications Day was observed on May 7, 1967, under the pontificate of Blessed Pope Paul VI, who wanted to draw attention to the communications media and the enormous power they have for cultural transformation. This year’s observance is the 52nd edition.

Please find below the official English-language translation of the Pope’s message:

Message of his Holiness Pope Francis
For World Communications Day
24 January 2018

“The truth will set you free” (Jn 8:32).
Fake news and journalism for peace

Dear Brothers and Sisters,      

          Communication is part of God’s plan for us and an essential way to experience fellowship.  Made in the image and likeness of our Creator, we are able to express and share all that is true, good, and beautiful.  We are able to describe our own experiences and the world around us, and thus to create historical memory and the understanding of events.  But when we yield to our own pride and selfishness, we can also distort the way we use our ability to communicate.  This can be seen from the earliest times, in the biblical stories of Cain and Abel and the Tower of Babel (cf. Gen 4:4-16; 11:1-9).  The capacity to twist the truth is symptomatic of our condition, both as individuals and communities.  On the other hand, when we are faithful to God’s plan, communication becomes an effective expression of our responsible search for truth and our pursuit of goodness.  

            In today’s fast-changing world of communications and digital systems, we are witnessing the spread of what has come to be known as “fake news”.  This calls for reflection, which is why I have decided to return in this World Communications Day Message to the issue of truth, which was raised time and time again by my predecessors, beginning with Pope Paul VI, whose 1972 Message took as its theme: “Social Communications at the Service of Truth”.  In this way, I would like to contribute to our shared commitment to stemming the spread of fake news and to rediscovering the dignity of journalism and the personal responsibility of journalists to communicate the truth.

1.   What is “fake” about fake news?

          The term “fake news” has been the object of great discussion and debate.  In general, it refers to the spreading of disinformation on line or in the traditional media.  It has to do with false information based on non-existent or distorted data meant to deceive and manipulate the reader.  Spreading fake news can serve to advance specific goals, influence political decisions, and serve economic interests.

          The effectiveness of fake news is primarily due to its ability to mimic real news, to seem plausible.  Secondly, this false but believable news is “captious”, inasmuch as it grasps people’s attention by appealing to stereotypes and common social prejudices, and exploiting instantaneous emotions like anxiety, contempt, anger and frustration. The ability to spread such fake news often relies on a manipulative use of the social networks and the way they function.  Untrue stories can spread so quickly that even authoritative denials fail to contain the damage.     

          The difficulty of unmasking and eliminating fake news is due also to the fact that many people interact in homogeneous digital environments impervious to differing perspectives and opinions.  Disinformation thus thrives on the absence of healthy confrontation with other sources of information that could effectively challenge prejudices and generate constructive dialogue; instead, it risks turning people into unwilling accomplices in spreading biased and baseless ideas.  The tragedy of disinformation is that it discredits others, presenting them as enemies, to the point of demonizing them and fomenting conflict.  Fake news is a sign of intolerant and hypersensitive attitudes, and leads only to the spread of arrogance and hatred.  That is the end result of untruth.

2.   How can we recognize fake news?

          None of us can feel exempted from the duty of countering these falsehoods.  This is no easy task, since disinformation is often based on deliberately evasive and subtly misleading rhetoric and at times the use of sophisticated psychological mechanisms.  Praiseworthy efforts are being made to create educational programmes aimed at helping people to interpret and assess information provided by the media, and teaching them to take an active part in unmasking falsehoods, rather than unwittingly contributing to the spread of disinformation.  Praiseworthy too are those institutional and legal initiatives aimed at developing regulations for curbing the phenomenon, to say nothing of the work being done by tech and media companies in coming up with new criteria for verifying the personal identities concealed behind millions of digital profiles.

          Yet preventing and identifying the way disinformation works also calls for a profound and careful process of discernment.  We need to unmask what could be called the "snake-tactics" used by those who disguise themselves in order to strike at any time and place.  This was the strategy employed by the "crafty serpent" in the Book of Genesis, who, at the dawn of humanity, created the first fake news (cf. Gen 3:1-15), which began the tragic history of human sin, beginning with the first fratricide (cf. Gen 4) and issuing in the countless other evils committed against God, neighbour, society and creation.  The strategy of this skilled "Father of Lies" (Jn 8:44) is precisely mimicry, that sly and dangerous form of seduction that worms its way into the heart with false and alluring arguments.

            In the account of the first sin, the tempter approaches the woman by pretending to be her friend, concerned only for her welfare, and begins by saying something only partly true: "Did God really say you were not to eat from any of the trees in the garden?" (Gen 3:1).  In fact, God never told Adam not to eat from any tree, but only from the one tree: "Of the tree of the knowledge of good and evil you are not to eat" (Gen 2:17).  The woman corrects the serpent, but lets herself be taken in by his provocation: "Of the fruit of the tree in the middle of the garden God said, “You must not eat it nor touch it, under pain of death" (Gen 3:2).  Her answer is couched in legalistic and negative terms; after listening to the deceiver and letting herself be taken in by his version of the facts, the woman is misled.  So she heeds his words of reassurance: "You will not die!" (Gen 3:4).        

           The tempter’s “deconstruction” then takes on an appearance of truth: "God knows that on the day you eat it your eyes will be opened and you will be like gods, knowing good and evil" (Gen 3:5).  God’s paternal command, meant for their good, is discredited by the seductive enticement of the enemy: "The woman saw that the tree was good to eat and pleasing to the eye and desirable" (Gen 3:6).  This biblical episode brings to light an essential element for our reflection: there is no such thing as harmless disinformation; on the contrary, trusting in falsehood can have dire consequences. Even a seemingly slight distortion of the truth can have dangerous effects.

          What is at stake is our greed.  Fake news often goes viral, spreading so fast that it is hard to stop, not because of the sense of sharing that inspires the social media, but because it appeals to the insatiable greed so easily aroused in human beings.  The economic and manipulative aims that feed disinformation are rooted in a thirst for power, a desire to possess and enjoy, which ultimately makes us victims of something much more tragic: the deceptive power of evil that moves from one lie to another in order to rob us of our interior freedom.  That is why education for truth means teaching people how to discern, evaluate and understand our deepest desires and inclinations, lest we lose sight of what is good and yield to every temptation.

3.   "The truth will set you free" (Jn 8:32)

          Constant contamination by deceptive language can end up darkening our interior life.  Dostoevsky’s observation is illuminating: "People who lie to themselves and listen to their own lie come to such a pass that they cannot distinguish the truth within them, or around them, and so lose all respect for themselves and for others.  And having no respect, they cease to love, and in order to occupy and distract themselves without love they give way to passions and to coarse pleasures, and sink to bestiality in their vices, all from continual lying to others and to themselves.” (The Brothers Karamazov, II, 2).

          So how do we defend ourselves?  The most radical antidote to the virus of falsehood is purification by the truth.  In Christianity, truth is not just a conceptual reality that regards how we judge things, defining them as true or false.  The truth is not just bringing to light things that are concealed, "revealing reality", as the ancient Greek term aletheia (from a-lethès, "not hidden") might lead us to believe.  Truth involves our whole life.  In the Bible, it carries with it the sense of support, solidity, and trust, as implied by the root 'aman, the source of our liturgical expression Amen.  Truth is something you can lean on, so as not to fall.  In this relational sense, the only truly reliable and trustworthy One – the One on whom we can count – is the living God.  Hence, Jesus can say: "I am the truth" (Jn 14:6).  We discover and rediscover the truth when we experience it within ourselves in the loyalty and trustworthiness of the One who loves us.  This alone can liberate us: "The truth will set you free" (Jn 8:32).

          Freedom from falsehood and the search for relationship: these two ingredients cannot be lacking if our words and gestures are to be true, authentic, and trustworthy.  To discern the truth, we need to discern everything that encourages communion and promotes goodness from whatever instead tends to isolate, divide, and oppose.  Truth, therefore, is not really grasped when it is imposed from without as something impersonal, but only when it flows from free relationships between persons, from listening to one another.  Nor can we ever stop seeking the truth, because falsehood can always creep in, even when we state things that are true.  An impeccable argument can indeed rest on undeniable facts, but if it is used to hurt another and to discredit that person in the eyes of others, however correct it may appear, it is not truthful.  We can recognize the truth of statements from their fruits: whether they provoke quarrels, foment division, encourage resignation; or, on the other hand, they promote informed and mature reflection leading to constructive dialogue and fruitful results.

4.   Peace is the true news

          The best antidotes to falsehoods are not strategies, but people: people who are not greedy but ready to listen, people who make the effort to engage in sincere dialogue so that the truth can emerge; people who are attracted by goodness and take responsibility for how they use language.  If responsibility is the answer to the spread of fake news, then a weighty responsibility rests on the shoulders of those whose job is to provide information, namely, journalists, the protectors of news.  In today’s world, theirs is, in every sense, not just a job; it is a mission.  Amid feeding frenzies and the mad rush for a scoop, they must remember that the heart of information is not the speed with which it is reported or its audience impact, but persons.  Informing others means forming others; it means being in touch with people’s lives.  That is why ensuring the accuracy of sources and protecting communication are real means of promoting goodness, generating trust, and opening the way to communion and peace.

          I would like, then, to invite everyone to promote a journalism of peace.  By that, I do not mean the saccharine kind of journalism that refuses to acknowledge the existence of serious problems or smacks of sentimentalism.  On the contrary, I mean a journalism that is truthful and opposed to falsehoods, rhetorical slogans, and sensational headlines.  A journalism created by people for people, one that is at the service of all, especially those – and they are the majority in our world – who have no voice.  A journalism less concentrated on breaking news than on exploring the underlying causes of conflicts, in order to promote deeper understanding and contribute to their resolution by setting in place virtuous processes.  A journalism committed to pointing out alternatives to the escalation of shouting matches and verbal violence.

          To this end, drawing inspiration from a Franciscan prayer, we might turn to the Truth in person:

Lord, make us instruments of your peace.
Help us to recognize the evil latent in a communication that does not build communion.
Help us to remove the venom from our judgements.
Help us to speak about others as our brothers and sisters.
You are faithful and trustworthy; may our words be seeds of goodness for the world:
where there is shouting, let us practise listening;
where there is confusion, let us inspire harmony;
where there is ambiguity, let us bring clarity;
where there is exclusion, let us offer solidarity;
where there is sensationalism, let us use sobriety;
where there is superficiality, let us raise real questions;
where there is prejudice, let us awaken trust;
where there is hostility, let us bring respect;
where there is falsehood, let us bring truth.
Amen.

Vatican, 24 January 2018

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[ IT ]

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DI TEOLOGIA

Sala del Concistoro ,Venerdì, 26 gennaio 2018

[Multimedia]


 

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle, 

sono lieto di accogliervi e ringrazio il Presidente per le parole che mi ha rivolto. La celebrazione di un anniversario è sempre un momento di gioia, di rendimento di grazie per quanto avvenuto nel passato e, nello stesso tempo, un impegno per il futuro. Questo vale anche per la Pontificia Academia Theologica, che celebra quest’anno i tre secoli di istituzione, avvenuta il 23 aprile 1718 con Breve da parte del Papa Clemente XI.

Tre secoli di vita costituiscono certamente un traguardo significativo, ma non devono essere l’occasione né per guardare narcisisticamente a sé stessi, né per volgersi nostalgicamente al passato. Piuttosto, rappresentano lo stimolo per una rinnovata consapevolezza della propria identità e per un rilancio della propria missione nella Chiesa.

La Pontificia Accademia di Teologia ha conosciuto, nella sua storia, vari cambiamenti di struttura e di organizzazione per venire incontro alle sempre nuove sfide poste dai diversi contesti sociali ed ecclesiali in cui si è trovata a operare. Essa infatti nasce, nelle intenzioni del Cardinale Cosimo de’ Girolami, come luogo di formazione teologica degli ecclesiastici in un momento in cui altre istituzioni risultavano carenti e inadeguate a tale scopo. Quando però il cambiamento della situazione storica e culturale non ha più richiesto tale compito, l’Accademia ha assunto la fisionomia – che tuttora possiede – di un gruppo di studiosi chiamati a indagare e approfondire temi teologici di particolare rilevanza. Nello stesso tempo si è delineata, nella composizione del corpo dei soci, quell’equilibrio tra i membri operanti nell’Urbe e quelli operanti al di fuori di essa, che contraddistingue ancora oggi la peculiare dimensione cattolica e internazionale dell’Istituzione.

Al di là dei vari mutamenti, c’è però un elemento costante che caratterizza l’Accademia: essere a servizio della Chiesa con l’intento di promuovere, sollecitare e sostenere nella sue varie forme l’intelligenza della fede nel Dio rivelatosi in Cristo; fedele al magistero della Chiesa e aperta alle istanze e alle sfide della cultura, essa si pone come luogo di confronto e dialogo per la comunicazione del Vangelo in contesti sempre nuovi, lasciandosi sollecitare dalle urgenze che giungono dall’umanità sofferente per offrire il contributo di un pensiero credente, incarnato e solidale: anche il Forum sulla creazione che state attualmente tenendo vi spinge proprio in questa direzione.

C’è poi un ulteriore aspetto che fin dalla sua origine ha caratterizzato la vostra Accademia: si tratta del legame con le altre istituzioni universitarie ed educative romane, a cominciare dall’antica Università “La Sapienza”, per continuare con le Scuole del Seminario Romano, fino a quelle che in seguito diventeranno le Pontificie Università dell’Urbe.

I continui contatti, in un rapporto di reciproco scambio culturale, con queste istituzioni e con molte congregazioni religiose a cui sono appartenuti e appartengono i suoi membri, hanno fatto in modo che la Pontificia Accademia di Teologia non si sia mai considerata un’entità isolata e autonoma, ma abbia svolto il proprio ruolo inserita in una trama di relazioni da cui si sono arricchiti tutti gli interlocutori. Guardando a tale passato, l’Accademia è chiamata ancora oggi a cogliere la propria identità non in una prospettiva autoreferenziale, ma come promotrice di un incontro tra teologia, filosofia e scienze umane, affinché il buon seme del Vangelo porti frutto nel vasto campo del sapere. La necessità, infine, di una sempre più stretta collaborazione tra le Istituzioni universitarie ecclesiastiche romane richiede all’Accademia Teologica che non si estranei, ma che sappia collocarsi in dialogo fecondo con ciascuna di esse per favorire un lavoro comune, coordinato e condiviso.

Con queste prospettive per il futuro, e assicurandovi la mia preghiera e la mia vicinanza, vi imparto la Benedizione Apostolica. Per favore, non dimenticate di pregare per me.

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DELLA
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

Sala Clementina
Venerdì, 26 gennaio 2018

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Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari fratelli e sorelle,

sono lieto di potervi incontrare al termine della Sessione Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede. Ringrazio il Prefetto per la sua introduzione con cui ha riassunto le linee più importanti del vostro lavoro in questi ultimi due anni.

Esprimo il mio apprezzamento per il vostro delicato servizio, che risponde al particolare legame del vostro Dicastero col ministero del Successore di Pietro, il quale è chiamato a confermare i fratelli nella fede e la Chiesa nell’unità.

Vi ringrazio per il vostro impegno quotidiano di sostegno al magistero dei Vescovi, nella tutela della retta fede e della santità dei Sacramenti, in tutte le varie questioni che oggi richiedono un discernimento pastorale importante, come nell’esame dei casi relativi ai graviora delicta e delle domande di scioglimento del vincolo matrimoniale in favorem fidei.

Tutti questi compiti risultano ancora più attuali di fronte all’orizzonte, sempre più fluido e mutevole, che caratterizza l’autocomprensione dell’uomo di oggi e che influisce non di poco sulle sue scelte esistenziali ed etiche. L’uomo di oggi non sa più chi è e, quindi, fatica a riconoscere come agire bene.

In questo senso, appare decisivo il compito della vostra Congregazione nel richiamare la vocazione trascendente dell’uomo e l’inscindibile connessione della sua ragione con la verità e il bene, a cui introduce la fede in Gesù Cristo. Nulla come l’aprirsi della ragione alla luce che viene da Dio aiuta l’uomo a conoscere sé stesso e il disegno di Dio sul mondo.

Apprezzo dunque lo studio da voi intrapreso circa alcuni aspetti della salvezza cristiana, allo scopo di riaffermare il significato della redenzione, in riferimento alle odierne tendenze neo-pelagiane e neo-gnostiche. Tali tendenze sono espressioni di un individualismo che si affida alle proprie forze per salvarsi. Noi, invece, crediamo che la salvezza consista nella comunione con Cristo risorto che, grazie al dono del suo Spirito, ci ha introdotto in un nuovo ordine di relazioni con il Padre e tra gli uomini. Così possiamo unirci al Padre come figli nel Figlio e diventare un solo corpo in Colui che è «primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29).

Come non menzionare, poi, gli studi che state portando a compimento circa le implicazioni etiche di un’adeguata antropologia anche nel campo economico-finanziario. Solo una visione dell’uomo come persona, vale a dire come soggetto essenzialmente relazionale e connotato da una peculiare ed ampia razionalità, è in grado di agire in conformità con l’ordine oggettivo della morale. Il Magistero della Chiesa ha sempre ribadito con chiarezza, a questo riguardo, che «l’attività economica deve essere condotta secondo le leggi e i metodi propri dell’economia, ma nell’ambito dell’ordine morale» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 64).

Durante questa Sessione Plenaria avete approfondito anche alcune questioni delicate circa l’accompagnamento dei malati terminali. Al riguardo, il processo di secolarizzazione, assolutizzando i concetti di autodeterminazione e di autonomia, ha comportato in molti Paesi una crescita della richiesta di eutanasia come affermazione ideologica della volontà di potenza dell’uomo sulla vita. Ciò ha portato anche a considerare la volontaria interruzione dell’esistenza umana come una scelta di “civiltà”. È chiaro che laddove la vita vale non per la sua dignità, ma per la sua efficienza e per la sua produttività, tutto ciò diventa possibile. In questo scenario occorre ribadire che la vita umana, dal concepimento fino alla sua fine naturale, possiede una dignità che la rende intangibile.

Il dolore, la sofferenza, il senso della vita e della morte sono realtà che la mentalità contemporanea fatica ad affrontare con uno sguardo pieno di speranza. Eppure, senza una speranza affidabile che lo aiuti ad affrontare anche il dolore e la morte, l’uomo non riesce a vivere bene e a conservare una prospettiva fiduciosa davanti al suo futuro. È questo uno dei servizi che la Chiesa è chiamata a rendere all’uomo contemporaneo.

In questo senso, la vostra missione assume un volto eminentemente pastorale. Autentici pastori sono coloro che non abbandonano l’uomo a sé stesso, né lo lasciano in preda del suo disorientamento e dei suoi errori, ma con verità e misericordia lo riportano a ritrovare il suo volto autentico nel bene. Autenticamente pastorale è dunque ogni azione tesa a prendere per mano l’uomo, quando questi ha smarrito il senso della sua dignità e del suo destino, per condurlo con fiducia a riscoprire la paternità amorevole di Dio, il suo destino buono e le vie per costruire un mondo più umano. Questo è il grande compito che attende la vostra Congregazione ed ogni altra istituzione pastorale nella Chiesa.

Nella certezza della vostra dedizione a questo importante servizio, che è da sempre la via maestra della Chiesa, vi rinnovo la mia gratitudine ed esprimo a tutti voi la mia vicinanza, impartendovi di cuore la Benedizione Apostolica.


입력 : 2018.01.24 오후 9:21:31
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