바로가기 메뉴
메인메뉴 바로가기
본문 바로가기

금주 교황님 말씀 중에

Holy Father's Speech

Papa Francesco: armi nucleari,,,,,Jerusalem ? Myanmar, Bangladeshi ! 교황님, 예루살렘 문제에 언급,,,!

글 : Msgr. Byon

  • 트위터
  • 페이스북
  • 기사목록
  • 프린트하기
  • 스크랩
E dunque “siete pronti a recare il lieto annuncio, siete pronti a recare una parola di speranza alla Chiesa, al vostro Paese, al mondo. Siete pronti a recare il lieto annuncio ai fratelli e alle sorelle che soffrono e che hanno bisogno delle vostre preghiere e della vostra solidarietà, ma anche della vostra passione per i diritti umani, per la giustizia e per la crescita di quello che Gesù dona: amore e pace”.


From the Pope

교황님, 예루살렘 문제에 선행하는 슬기와 지혜를 모으자.

Pope appeals for wisdom and prudence

to prevail over Jerusalem

2017-12-06 Vatican Radio

(Vatican Radio) Pope Francis has appealed for respect for Jerusalem’s status quo according to the pertinent United Nations Resolutions regarding the city.

Speaking after his catechesis to the crowds in the Paul VI Hall during the weekly General Audience, the Pope said “my thoughts go to Jerusalem and I cannot keep silent my deep concern for the situation that has been created in the past days”.

Listen to the report by Philippa Hitchen:

“At the same time, he continued, I would like to make a heartfelt appeal for everyone’s commitment to respect the city’s status quo, in conformity with the pertinent United Nations Resolutions”.

The Pope’s words of concern came on Wednesday ahead of an expected announcement by US President Trump to recognize Jerusalem as Israel’s capital.  Arab leaders have warned the move will create turmoil and trigger violence.  

Describing Jerusalem as unique city which is “Holy for Jews, Christians and Muslims, who venerate the Holy Sites of their respective religions”, the Pope said it has a special vocation for peace.  
  “I pray to the Lord that its identity is preserved and strengthened for the benefit of the Holy Land, the Middle East and the whole world and that wisdom and prudence prevail to prevent new elements of tension from being added to a global context already convulsed by so many cruel conflicts” he said.

Earlier in the morning the Pope called for dialogue that respects the rights of everyone in the Holy Land and expressed his hope for "peace and prosperity" for the Palestinian people during a previously scheduled meeting with a Palestinian delegation of religious and intellectual leaders in the Vatican.

(from Vatican Radio)

프란치스꼬 교황님, Myanmar, Bangladesi, 등, 평화의 순례자로서, 실로, 양공, 다카, 등, 려운 순례 방문 순서 - 

 Ai giornalisti. Papa Francesco: armi nucleari, siamo al limite del lecito


 sabato 2 dicembre 2017
E sui Rohingya: l'importante è che il messaggio sia arrivato, non ho negoziato la verità. Poi ha parlato della Cina e del prossimo viaggio in India.
(Foto Ansa d'archivio)

(Foto Ansa d'archivio)

Qui di seguito la trascrizione praticamente integrale della conferenza stampa tenuta in aereo da papa Francesco, durante il volo di ritorno dal viaggio in Myanmar e Bangladesh. Il Pontefice ha risposto a una decina di domande, intrattenendosi con i giornalisti per circa un'ora.

«Grazie tante del vostro lavoro - ha detto papa Francesco all'inizio dell'incontro con i giornalisti - Abbiamo visitato due Paesi molto interessanti con culture tradizionali molto profonde, ricche».

Ieri lei ha fatto il nome dei Rohingya per la prima volta. Che cosa ha provato quando ha chiesto perdono?
Non è la prima volta che ho pronunciato in pubblico quella parola. L'ho fatto all'Angelus e nell'udienza generale in piazza San Pietro. La sua domanda però è interessante perché mi porta a riflettere su come io cerco di comunicare. Per me la cosa più importante è che il messaggio arrivi. Cercare di dire le cose passo a passo e ascoltare le risposte affinché arrivi il messaggio. Per esempio un ragazzo o una ragazza nella crisi dell'adolescenza può dire quello che pensa, ma sbattendo la porta sul naso all'altro e il messaggio non arriva.
A me interessava che questo messaggio arrivasse. Per questo ho visto che se nel discorso ufficiale avessi detto quella parola, avrei sbattuto la porta sul naso, ma ho descritto le situazioni, i diritti, nessuno escluso, la cittadinanza, per permettermi nei colloqui privati di andare oltre. Io sono molto molto soddisfatto dei colloqui che ho potuto avere, perché è vero non ho avuto il piacere di sbattere la porta sul naso, la denuncia, ma ho avuto la soddisfazione di dialogare, di far parlare l'altro, di dire la mia e così il messaggio è arrivato. E a tal punto è arrivato che è continuato ed è finito ieri con quell'incontro. Tante volte ci sono denunce anche nei media, non voglio offendere, che con qualche elemento di aggressività chiudono la porta, il dialogo e il messaggio non arriva.
Cosa ho sentito ieri? Non era programmato così, sapevo che avrei incontrato i Rohingya, ma non sapevo dove e come, questo era condizione del viaggio per me. E si preparavano i modi. Dopo tante trattative anche con il governo e la Caritas, il governo ha permesso il viaggio di questi che sono venuti ieri. Perché il problema per il governo che li protegge e gli dà ospitalità (è grande ciò che fa, un esempio di accoglienza. Un Paese piccolo, povero che ha ricevuto 700mila profughi. Penso a Paesi che chiudono le porte. Dobbiamo essere grati per l'esempio che ci hanno dato) è che deve muoversi per i rapporti internazionali con il Myanmar con permessi, dialogo perché sono in un campo di rifugiati, ma alla fine sono venuti, spaventati. Qualcuno gli ha detto: “Salutate il Papa, ma non dite niente”. Qualcuno che non era del governo del Bangladesh. A un certo punto, dopo il dialogo interreligioso e la preghiera, questo ha preparato il cuore di tutti noi. Eravamo religiosamente molto aperti. Io almeno ho sentito questo. E' arrivato il momento che loro venissero a salutarmi. In fila indiana. Subito volevano cacciarli via dallo scenario e mi sono arabbiato e ho sgridato un po'. Sono peccatore e ho detto tante volte la parola “rispetto, fermateli” e loro sono rimasti lì. Dopo averli sentiti uno a uno con l'interprete, ho cominciato ad avvertire qualcosa dentro e mi sono detto: non posso lasciarli andare senza una parola. E ho chiesto il microfono. E ho incominciato a parlare, ma non ricordo ciò che ho detto. So che a un certo punto ho chiesto perdono. Per due volte, non ricordo.
In quel momento io piangevo, cercavo che non si vedesse. Loro piangevano pure. E ho pensato che eravamo in un incontro interreligioso e i leader delle altre tradizioni religiose dovevano parlare. “Venite anche voi. Questi sono i Rohingya di tutti noi. E loro hanno salutato. E io non sapevo che cosa dire di più. Tutti noi abbiamo parlato, i leader religiosi, ma uno di voi faccia una preghiera. Credo fosse un imam che ha fatto quella preghiera. E anche loro hanno pregato. E visto tutto il cammino, ho sentito che il messaggio è arrivato. Parte era programmato e parte è uscito spontaneamente. Avete visto le copertine dei giornali. Tutti hanno recepito il messaggio. E non ho sentito critiche.

Santità, l'anno prossimo andrà in India, dove milioni di persone la aspettano?
Il primo piano era andare in India e Bangladesh, ma poi le trattative per andare in India ritardavano, il tempo premeva e ho scelto questi due Paesi: il Bangladesh e il Myanmar. Ma è stato provvidenziale perché per visitare l'India ci vuole un viaggio intero. Bisogna andare al sud, al centro, al'est, al'ovest, al nord, per le diverse culture e lingue. Spero di andarci nel 2018 se vivo.

Alcuni oppongono il dialogo interreligioso e l'evangelizzazione. Ma qual è la sua priorità: evangelizzare o dialogare?
Prima distinzione. Evangelizzare non è fare proselitismo, la Chiesa cresce non per proselitismo, ma per attrazione cioè per testimonianza. Questo lo ha detto papa Benedetto XVI. L'evangelizzazione è vivere il Vangelo e testimoniare come si vive il Vangelo. Testimoniare le beatitudini, il Buon Samaritano, il perdono 70 volte 7. E in questa testimonianza lo Spirito Santo lavora e ci sono delle conversioni. Ma non siamo molto entusiasti per fare subito le conversioni. Cercare piuttosto che una conversione sia la risposta a qualcosa che lo Spirito Santo ha mosso nel mio cuore davanti alla testimonianza dei cristiani.
Durante il pranzo della Gmg a Cracovia con una quindicina di giovani di tutto il mondo, uno mi ha domandato: “Cosa devo dire a un compagno di università, bravo ma ateo, per cambiarlo?”. Gli ho risposto: “L'ultima cosa che devi fare è dire. Vivi il tuo Vangelo e quando ti domanda spiegagli. E lascia che lo Spirito Santo agisca. Questa è la forza e la mitezza dello Spirito Santo nelle conversioni. Non è convincere con l'apologetica. Noi siamo testimoni del Vangelo. Testimone è una parola greca, martirio. Martirio di tutti i giorni o del sangue quando arriva. Dunque quando si vive con testimonianza e rispetto si fa la pace. La pace si rompe quando comincia il proselitismo. E ci sono tanti modi di fare proselitismo. Questo non è evangelico.

Sulla moralità o meno del possesso delle armi nucleari.
Oggi siamo al limite della liceità di avere e usare le armi nucleari. Perché oggi con l'arsenale nucleare così sofisticato si rischia la distruzione dell'umanità o di gran parte di essa. E' cresciuto l'armamento nucleare, capace di distruggere le persone senza toccare le strutture. Dunque, oggi è lecito mantenere gli arsenali come stanno o per salvare il creato e l'umanità è necessario andare indietro? Ci sono due forme di mancanza di cultura, quella che Dio ci ha dato, perché noi con il lavoro e lo studio la trasformassimo in cultura. Ma oggi l'uomo ha in mano con questa cultura la capacità di fare un'altra mancanza di cultura. Pensiamo a Hiroshima e Nagasaki. La distruzione. E anche questo succede quando nell'energia atomica civile non si riesce ad avere il controllo. Pensate agli incidenti dell'Ucraina. Per questo, tornando alle armi che sono per vincere distruggendo, io dico che siamo al limite della liceità.

L'incontro con il generale birmano Hlaing come è stato e come ha potuto parlare con lui?
Distinguerei due tipi di incontri. Quelli in cui sono andato a trovare la gente e quelli nei quali ho ricevuto. Lui ha chiesto e io l'ho ricevuito, mai chiudo la porta. Parlando non si perde nulla, si guadagna sempre. E' stata una bella conversazione. Non posso scendere nei particolari perché era un colloquio privato. Ma io non ho negoziato la verità. Ma l'ho fatto in modo che lui capisse che una strada come era nei brutti tempi, rinnovata oggi, non è più percorribile. E' stato un bell'incontro, civile, e anche lì il messaggio è arrivato.

Cosa ha capito da tutti questi incontri con le autorità birmane?
Che non sarà facile andare avanti in uno sviluppo positivo e non sarà facile per qualcuno che voglia tornare indietro. Siamo in un punto che bisogna studiare le cose. Qualcuno mi ha detto, non so se è vero, che lo Stato del Rakhine è ricco di pietre preziose e che dunque ci fossero interessi. Liberare la terra dalla gente per “lavorare” meglio. Non so se è vero. Ma non sarà facile andare avanti né tornare indietro. La coscienza dell'umanità, il fatto che l'ONU ha detto che i Rohingya sono la minoranza religiosa più perseguitata al mondo questo è un punto a sfavore di chi vuole andare indietro. Siamo a un punto di svolta, si fanno due passi avanti e uno indietro, ma con il dialogo, mai con l'aggressione. Ora la domanda è: si fa per il bene per andare avanti o per tornare indietro? Ma la speranza io non la perdo.

Avrebbe voluto andare nel campo profughi dei Ronhingya e perché non ci è andato?
Mi sarebbe piaciuto andare, ma non è stato possibile per vari fattori, il tempo e la distanza e altri. Ma il campo profughi è venuto come rappresentanza.

I gruppi teroristici hanno tentato di farsi tutori dei Rohingya. Ma il capo della cristianità si è dimostrato il loro vero amico. E' giusta questa sensazione?
C'erano dei gruppi di terroristi che cercavano di approfittare della situazione dei Rohingya che sono gente di pace. Ma in tutte le religioni e le etnie sempre c'è un gruppo fondamentalista. Anche noi cattolici ne abbiamo. I militari giustificano il loro intervento per questi gruppi. Io non ho scelto di parlare con questa gente, ma con le vittime, cioè con il popolo. Questi che si sono arruolati all'Isis sono un gruppetto fondamentalista piccolino. Questo fanno gli estremisti: giustificano l'intervento che ha distrutto buoni e cattivi. 

Guardando ai suoi viaggi in Asia, si ha la sensazione che stia facendo un giro intorno alla Cina. E' in preparazione un viaggio in Cina?
Oggi la signora San Suu Kyi si è recata a Pechino. Si vede che ci sono dei dialoghi. Pechino ha una grossa influenza sulla regione. E' naturale. Il Myanmar non so quante migliaia di chilometri di frontiera ha con la Cina. Anche nelle messe c'erano cinesi che sono venuti. Credo che in questi Paesi vicini alla Cina hanno bisogno di buoni rapporti e lo reputo saggio, politicamente costruttivo. E' vero che la Cina è una potenza mondiale e se la vediamo da questa parte cambia la prospettiva. Ma saranno i politologi a spiegare. Il viaggio in Cina non è in preparazione, state tranquilli, per il momento non è in preparazione. Tornando dalla Corea, quando mi hanno detto che stavamo sorvolando la Cina, ho risposto che mi piacerebbe tanto visitare la Cina. Non lo nascondo. Le trattative con la Cina sono di alto livello culturale con scambio di mostre. Professori preti che insegnano nelle università cinesi ce ne sono. Poi c'è il dialogo politico, soprattutto per la Chiesa cinese, quella storia della Chiesa patriottica, la Chiesa clandestina che si deve andare passo a passo con delicatezza, come si sta facendo, lentamente. Credo che in questi giorni comincerà a Pechino una seduta della commisione mista. Serve pazienza, ma le porte del cuore sono aperte e credo che farà bene a tutti un viaggio in Cina. A me piacerebbe farlo.

Sulle critiche alla San Suu Kyi in merito alla questione Rohingya.
Ho sentito le critiche di non essersi recata alla provincia del Rakhine, poi lei è andata una mezza giornata. Ma nel Myanmar è difficile valutare una critica senza chiedersi: è stato possibile fare questo o come sarà possibile fare questo? Non entro nel merito se sia stato uno sbaglio o meno. Ma il Myanmar è una nazione politicamente in crescita, in transizione. Per questo le possibilità devono valutarsi anche in quest'ottica. In questo momento di transizione sarebbe stato possibile fare questo o quest'altro? Nel Myanmar si deve vedere avanti la costruzione del Paese. Due passi in avanti, uno indietro, la storia ci insegna questo. Non so rispondere altrimenti con le poche conoscenze che ho.

Perché è stato anticipato l'incontro con il generale Haling? Incontrandola prima di San Suu Kyi, il capo dell'esercito birmano ha voluto far vedere che comanda ancora lui?
La richiesta è stata perché lui doveva andare in Cina. In ogni caso, se io posso spostare l'appuntamento, lo faccio. Le intenzioni non le so, ma a me interessava il dialogo. Un dialogo chiesto da loro e che loro venissero da me. Non era prevista la mia visita. E credo che era più importante il dialogo che il sospetto che fosse come lei dice.

Ma durante quell'incontro con il generale ha usato la parola Rohingya?
Io ho usato le parole per arrivare al messaggio e quando ho visto che il messaggio era accettato, ho osato dire tutto quello che volevo dire. Intelligenti pauca.

In Bangladesh Lei ha ordinato 16 nuovi sacerdoti. Ha visto paura a essere preti cattolici in questo Paese?
Ho l'abitudine prima dell'ordinazione di parlare con loro in privato. Mi sono sembrati sereni, tranquilli, coscienti della loro missione. Ho anche fatto loro una domanda teologica: giocate a calcio? Questo è importante (ride). Quello della paura non l'ho percepito. Loro sanno che devono essere vicini vicini al loro popolo. E questo mi è piaciuto.
Infine in generale sul viaggio, mi fa bene quando riesco a incontrare il popolo del Paese, il popolo di Dio, la gente. Abbiamo parlato degli incontri con i politici, con i vescovi, si è vero, si deve fare. Ma la gente, il popolo è proprio il profondo di un Paese. Quando riesco a farlo, sono felice.

© RIPRODUZIONE RISERVATA













































































































II Papa in Myanmar. Francesco parla con il generale:

«Fase di grande responsabilità»


From avvenire, 2017. 28, Nov.

lunedì 27 novembre 2017
Dopo circa 10 ore di volo, è atterrato in orario all'aeroporto internazionale di Yangon, in Myanmar, l'aereo con a bordo papa Francesco «pellegrino di pace»

Francesco parla con il generale: «Fase di grande responsabilità»

Il Papa è atterrato a Yangon alle 13.20 ora locale - quando in Italia erano le 7.50 - dopo un volo di 8mila 600 chilometri e 9 ore e 40 minuti, iniziato ieri sera poco prima delle 22 dall'aeroporto di Fiumicino. L'airbus dell'Alitalia ha sorvolato ben 13 Paesi, Italia e Myanmar compresi. Croazia, Bosnia, Montenegro, Serbia, Bulgaria, Turchia, Georgia, Azerbaigian, Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India. All'inizio del viaggio, come di consueto Francesco si è affacciato nella parte dell'aereo riservata ai giornalisti per un breve saluto.

«Grazie per la vostra compagnia - ha detto - e grazie per il vostro lavoro che sempre semina tanto bene. Vi auguro un buon soggiorno. Mi dicono che è troppo caldo. Mi dispiace. Almeno sia fruttuoso». In effetti all'atterraggio c'erano 32 gradi con il 72 per cento di umidità.

Il Papa comunque è apparso sorridente e disteso e neanche in questa occasione, nonostante l'ora tarda, ha voluto rinunciare al giro di saluti personali con i giornalisti al seguito.

Inizia così il 21° viaggio internazionale di papa Bergoglio. Viaggio che si preannuncia all'insegna della pace e della riconciliazione in una regione recentemente toccata dalla violenza a sfondo etnico e religioso. Fino a giovedì il Pontefice sarà in Myanmar, poi si trasferirà nel confinante Bangladesh, per fare ritorno a Roma sabato sera.

Il colloquio con il capo dell'esercito

Oggi l'unico impegno (anticipato: l'agenda lo prevedeva per domani) è stato l'incontro in forma privata con il generale Min Aung Hlaing, capo dell'esercito. L'incontro è stato suggerito al Papa dal cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, nell'ambito di una "politica" di riconciliazione nazionale che coinvolga anche i militari fino a poco tempo fa al potere. Il colloquio (attorno alle 12.30 ora italiana) è durato circa un quarto d'ora. «Si è parlato della grande responsabilità delle autorità del paese in questo momento di transizione» ha riferito il portavoce vaticano Greg Burke. È poi seguito il consueto scambio dei doni.

Il resto della giornata sarà dedicato al riposo, anche per consentire al Papa di recuperare le energie dopo il lungo viaggio in notturna, in vista dell'intenso programma dei prossimi giorni.



Papa in Myanmar. Francesco ai giovani: «Siate coraggiosi, siate generosi»


giovedì 30 novembre 2017
La Messa con i giovani conclude la visita in Myanmar: una festa di canti, gioia e preghiera. Ora il Papa è partito per il Bangladesh             
La Messa con i giovani nella cattedrale di Saint Mary a Yangon (Ansa)

La Messa con i giovani nella cattedrale di Saint Mary a Yangon (Ansa)

Canti, gioia, preghiera e tanto affetto per papa Francesco. La prima visita di un successore di Pietro in Myanmar si conclude con una festa di giovani e non è certo una scelta casuale. Francesco indica ai ragazzi birmani la via del futuro e li incoraggia ad andare avanti. “Sono belli i vostri passi – dice il Pontefice – ed è bello e incoraggiante vedervi, perché ci recate un lieto annuncio di bene, il lieto annuncio della vostra gioventù, della vostra fede e del vostro entusiasmo. Vorrei che la gente sapesse – aggiunge quindi – che voi, giovani del Myanmar non avete paura di credere nel buon annuncio della misericordia di Dio, perché esso ha un nome e un volto: Gesù Cristo”. E dunque “siete pronti a recare il lieto annuncio, siete pronti a recare una parola di speranza alla Chiesa, al vostro Paese, al mondo. Siete pronti a recare il lieto annuncio ai fratelli e alle sorelle che soffrono e che hanno bisogno delle vostre preghiere e della vostra solidarietà, ma anche della vostra passione per i diritti umani, per la giustizia e per la crescita di quello che Gesù dona: amore e pace”.

L'abbraccio entusiasta dei giovani

La Messa conclusiva si svolge nella Cattedrale di Saint Mary, colma fino all'inverosimile. Fin dalle prime del mattino infatti i giovani si sono assiepati tra i banchi, sotto gli occhi di un attento servizio d'ordine e anche nei giardini tutto intorno al duomo. Diverse migliaia di giovani con le bandierine bianche e gialle, le magliette con scritto viva il Papa e i coloratissimi costumi tipici. Molti hanno trascorso la notte in viaggio, a bordo di vecchi pullman, pur di non mancare all'appuntamento. Ma negli occhi hanno solo gioia. Per la stanchezza c'è tempo.

Francesco arriva in golf car e compie un giro di saluto nei giardini suscitando ondate di entusiasmo. Poi entra in cattedrale in uno strano originale clima di silenzio che però è solo il preludio all'esplodere di un bellissimo canto di ingresso. Comincia la Messa concelebrata con i vescovi del Myanmar, il cardinale arcivescovo di Yangon, Charles Maung Bo, e anche alcuni porporati giunti dall'India.

All'omelia ripete: «Non abbiate paura»

Nell'omelia pronunciata in italiano con traduzione successiva, il Papa ripete il suo mandato missionario e più volte insiste: “Non abbiate paura”. Ad esempio dice “non abbiate paura di imparare dai vostri errori”. Anche i santi li hanno commessi (cita Sant'Andrea, di cui oggi ricorre la memoria liturgica). “Il Signore vi concederà di portare frutto, un frutto che potrete condividere con gli altri”. “Non abbiate paura di essere discepoli missionari soprattutto per i vostri coetanei e amici, di portare scompiglio, di porre domande che facciano pensare la gente. E non abbiate paura se a volte percepirete di essere pochi e sparpagliati. Fatevi sentire, gridate con la vostra vita, con il cuore, così da essere segni di speranza per chi è scoraggiato, una mano tesa per chi è malato, un sorriso accogliente per chi è straniero, un sostegno premuroso per chi è solo”. Non abbiate paura ripete ancora una volta: “Gesù è sempre al nostro fianco”.

«Vi esorto: siate coraggiosi e, soprattutto, siate generosi»

Il Papa ricorda che diverse possono essere le vocazioni, al presbiterato alla vita religiosa o alla famiglia, ma "qualunque sia la vostra vocazione – conclude affidando i giovani del Myanmar all'Immacolata Concezione – vi esorto: siate coraggiosi, siate generosi e, soprattutto, siate generosi”. “Dio benedica il Myanmar”, è il suo congedo, prima di andare in aeroporto per la seconda tappa del viaggio.

Il Papa saluta la folla dei fedeli uscendo dalla cattedrale (Ansa)

Il Papa saluta la folla dei fedeli uscendo dalla cattedrale (Ansa)

All'arcivescovado, che è stata la sua casa nei tre giorni della visita, lascia una scultura raffigurante san Francesco che parla agli uccelli (molte volte ha fatto riferimento alla salvaguardia del creato nei discorsi in terra birmana) e incassa il grazie del cardinale Bo. “La sua presenza è stata come un tocco di guarigione per questa Nazione. Possa la nostra storia essere benedetta da oggi in poi perché lei ha benedetto questa terra”. Da questo pomeriggio e fino a sabato comincia la visita in Bangladesh.

 da avvenire d'Italia
*************************************************

오늘, 교황님 말씀; 세상도 끝나고, 우리 인간의 생명도 끝이 있다.


자모이신 성 교회는, 우리 모두가 세상도 끝남이 있고, 우리 각자의 생명도 끝이 있음을 묵상하도록, 권유하십니다. 우리 주님께서는 롯의 시대에 있었던 대홍수 직전에도 사람들이 먹고 마시고 장가들고 시집가며 정상적으로 생활하고  있었음을 상기시키십니다. 우리 모두 시간을 내서, 죽음에 대하여 생각해보기를 권고하십니다.

Pope at Mass: Take time to think about death

2017-11-17 Vatican Radio

(Vatican Radio) With today’s readings, the Church invites us to reflect on the end of the world, but also on the end of our own lives. Pope Francis based his homily on the Gospel reading, where the Lord speaks about the daily lives of men and women in the days before the great Flood, or in the days of Lot – they lived normal lives, eating and drinking, doing business, marrying. But the “day of the manifestation of the Lord” came – and things changed.

The Church, our Mother, wants us to take time to consider our own death, the Pope said. We are all used to the routine of daily life. We think things will never change. But, Pope Francis continued, the day will come when we will be called by the Lord. For some it will be unexpected; for others it might come after a long illness – but the call will come. And then, the Pope said, there will be another surprise from the Lord: eternal life.

This is why the Church asks us to “pause for a moment, take a moment to think about death.” We should not become accustomed to earthly life, as though it were eternity. “A day will come,” the Pope said, echoing the words of Jesus in the Gospel, “when you will be taken away” to go with the Lord. And so it is good to reflect upon the end of our life.

“Thinking about death is not a gruesome fantasy,” the Pope said. “Whether it is gruesome or not depends on me, and how I think about it – but what will be, will be.” When we die, we will meet the Lord – “this is the beauty of death, it will be an encounter with the Lord, it is Him coming to meet you, saying, “Come, come, [you who are] blessed by My Father, come with me.”

The Holy Father concluded his homily with a story about an elderly priest who was not feeling well. When he went to the doctor, the doctor told him he was sick. “Perhaps we’ve caught it in time to treat it,” the doctor told him. “We will try this treatment, and if this doesn’t work, we’ll try something else. And if that doesn’t work, we will begin to walk [together], and I will accompany you to the very end.”

Like the doctor, we too, the Pope said, must accompany one another on this journey. We must do everything we can in order to assist the sick; but always looking toward our final destiny, to the day when the Lord will come to take us with Himself to our heavenly home. (from Vatican Radio)

World News Asia

Pope in Myanmar: Aung San Suu Kyi's speech


Pope Francis meets with Myanmar's leader Aung San Suu Kyi in Nay Pyi Taw - AP

Pope Francis meets with Myanmar's leader Aung San Suu Kyi in Nay Pyi Taw - AP

28/11/2017 11:39

(Vatican Radio) Pope Francis on Tuesday is spending his first full day in Myanmar where he traveled to the country's capital to meet with the country’s de facto civilian leader, Nobel laureate Aung San Suu Kyi. After meeting with her privately, she pronnounced an official welcome speech at the Myanmar International Convention Center where the Pope met with authorities, representatives of civil society and the diplomatic corps. 

In her address to the Pope, Suu Kyi quoted from the Sermon on the Mountsaying it presents a challenge for political and religious leaders and she mentioned that “of the many challenges that our government has been facing, the situation in the Rakhine has most strongly captured the attention of the world”. 

She also said that the aim of the Myanmar Government is ”to bring out the beauty of our diversity and to make it our strength, by protecting rights, fostering tolerance, ensuring security for all”.

Please find below the full text of Aung San Suu Kyi’s speech 

to Pope Francis

Holy Father Pope Francis,

Distinguished Guests,

        It is a great joy and a great honour for me to welcome you to this gathering that reaffirms our faith in the power and possibility of peace and loving kindness. Let me begin by thanking His Holiness for being with us today. 'Grazie per essere arrivato qui da noi'.

        Your Holiness, you bring us strength and hope in your understanding of our need, our longing, for peace, national reconciliation and social harmony. Our national anthem, adopted at the time of our independence, begins with the words: “Never swerving from just freedom,” reflecting the strongly held conviction of the founding fathers of our nation that true freedom cannot survive without justice. These words resonate with us today, just as they did with those who fought for independence that our people might be able to realize their full potential. It is incumbent on us to continue the task of building a nation founded on laws and institutions that will guarantee each and everyone in our land justice, freedom and security. Thus, the words of Your Holiness that the prophets of old saw justice as the basis of all true and lasting peace “resonates with us, and serves as a reminder that in our quest for peace we must be guided by the wisdom and aspirations of our fathers.

        Your Holiness, the challenges that Myanmar faces are many, and each challenge calls for strength, patience and courage. Our nation is a rich tapestry of different peoples, languages and religions, woven on a backdrop of vast natural potential. It is the aim of our Government to bring out the beauty of our diversity and to make it our strength, by protecting rights, fostering tolerance, ensuring security for all. Our most cherished endeavor is to carry forward the peace process based on the Nationwide Ceasefire Agreement that was initiated by the previous Government. The road to peace is not always smooth but it is the only way that will lead our people to their dream of a just and prosperous land that will be their refuge, their pride, their joy. The quest for peace has to be reinforced by the attainment of sustainable development, that the future of coming generations might be assured.

        Of the many challenges that our government has been facing, the situation in the Rakhine has most strongly captured the attention of the world. As we address long standing issues, social, economic and political, that have eroded trust and understanding, harmony and cooperation, between different communities in Rakhine, the support of our people and of good friends who only wish to see us succeed in our endeavours, has been invaluable. Your Holiness, the gifts of compassion and encouragement that you bring to us will be treasured and we take to heart your words in the message of the celebration of the fiftieth World Day of Peace on 1st January 2017:

        “Jesus himself offers a “manual” for this strategy of peacemaking in the Sermon on the Mount. The eight Beatitudes (cf. Mt 5:3-10) provide a portrait of the person we could describe as blessed, good and authentic. Blessed are the meek, Jesus tells us, the merciful and the peacemakers, those who are pure in heart, and those who hunger and thirst for justice.

        This is also a programme and a challenge for political and religious leaders, the heads of international institutions, and business and media executives: to apply the Beatitudes in the exercise of their respective responsibilities. It is a challenge to build up society, communities and businesses by acting as peacemakers. It is to show mercy by refusing to discard people, harm the environment, or seek to win at any cost.”

        Your Holiness, we are proud and happy that you have come to our country a mere six months after the establishment of diplomatic relations between the Holy See and Myanmar. This is not only the opening of a new era of close relations, it also constitutes a revival of old ties that I, and others of my generation, remember with affection and appreciation. I began my education at the St. Francis Convent in Rangoon which makes me fancy that I am entitled to special blessings from your Holiness. But all the blessings you confer will be shared by all of us that we may be able to spread goodwill and joy throughout our land.

        Your Holiness, each age in the life of a nation brings its own responsibilities just as it has to bear the legacies of the past. We today who have been given the opportunity to effect changes that could open new vistas of progress for our nation, will strive to discharge our duties with probity and humility. We wish to leave to the future a land that has been nurtured with care and respect, a healthy land, a beautiful land. We wish to leave to the future a people united and at peace, secure in their capacity to grow and prosper in a changing world; a compassionate and generous people, always ready to hold out a helping hand to those in need; a people strong in skills and whole in spirit.

        Your Holiness, the children of your Church in this country are also the children of Myanmar, loved and cherished. We thank them, as we thank you, for praying for our nation and all the peoples of the world. The road ahead is long but we will walk it with confidence, trusting in the power of peace, love and joy.  

Your Holiness,

        'Continuiamo a camminare insieme con fiducia'.

        I thank you all.

Pope urges Myanmar’s religions to build peace 

 

and   unity amidst differences.

2017-11-28 Vatican Radio


(Vatican Radio) Pope Francis met with 17 leaders of Myanmar’s religious communities Tuesday morning, exhorting them that peace consists in unity in diversity, not in uniformity.  The Pope met leaders of Buddhist, Muslim, Hindu, Jewish, Catholic and other Christian communities at the Archbishop’s House in Yangon, at the start of his first full day of his Nov. 27-30 apostolic visit to Myanmar.

The Holy See’s spokesman, Greg Burke said that the during his 40-minute meeting with them, the Pope urged them to work together to rebuild the country and that if they argue, they should argue like brothers, who reconcile afterwards.  

Unity is not uniformity

After various leaders spoke, Pope Francis spoke off-hand in Spanish helped by an interpreter.  Alluding to the Psalms, he said, “ How beautiful it is to see brothers united!”   He explained that being united does not mean being equal.  “Unity is not uniformity, even within a religious community.  Each one has his values, his riches as also shortcomings,” the Pope said, adding, “we are all different.”  Each confession has its riches and traditions to give and share.  And this can happen only if all live in peace.  “Peace,” the Pope stressed, “consists in a chorus of differences.”  “Unity comes about in differences.”

Uniformity kills

“Peace is harmony,” the Pope said, noting that there is a trend in the world towards uniformity to make everybody equal.  But he denounced this as a “cultural colonization” that “kills humanity.”   He said religious leaders should understand the richness of our differences - ethnic, religious or popular - and what results from these differences is dialogue.  “As brothers, we can learn from these differences,” the Pope stressed, exhorting the religious leaders to “build the country, which is so rich and diverse even geographically.” 

Nature in Myanmar is very rich in differences, the Pope said, urging them not be afraid of differences. “Since we have one Father and we are all brothers, let us be brothers,” the Pope urged.  And if they have to debate among themselves, let it be as brothers, which will soon bring about reconciliation and peace.   “Build peace without allowing yourselves be made uniform by the colonization of cultures,” the Pope appealed.  “One builds true divine harmony through differences.  Differences are a richness for peace,” the Pope added. 

(from Vatican Radio)

입력 : 2017.11.19 오전 2:31:30
Copyright ⓒ 변기영 몬시뇰 사랑방 Servant Hall of Msgr. Byon 무단전재 및 재배포 금지
TOP